La questione del doping nello sport si arricchisce di un nuovo capitolo, con l'emergere di preoccupazioni riguardo l'uso del monossido di carbonio da parte degli atleti. La World Anti-Doping Agency (WADA) si trova di fronte a una sfida complessa, poiché l'Unione Ciclistica Internazionale (UCI) ha recentemente lanciato un allerta riguardo alla pratica del 'rebreathing', una tecnica che, sebbene non ufficialmente riconosciuta come doping, potrebbe compromettere la salute degli atleti e alterare le prestazioni sportive.
Nel corso dei mondiali di ciclocross, l'UCI ha deciso di vietare questa pratica nel ciclismo a partire dal 10 febbraio, imponendo restrizioni rigorose: le sedute di rebreathing dovranno avvenire esclusivamente in strutture mediche, con un intervallo di almeno due settimane tra le inalazioni e dosi controllate, registrate nel passaporto biologico dell'atleta. Tuttavia, l'uso del monossido di carbonio non è limitato al ciclismo; la sua attrattiva si estende a quasi tutte le discipline sportive, sollevando interrogativi sulla sicurezza e sull'integrità delle prestazioni atletiche.
Il rebreathing comporta l'inalazione di monossido di carbonio, un gas pericoloso che, a concentrazioni elevate, può avere effetti letali.
Utilizzato originariamente per misurare la percentuale di emoglobina nel sangue, il suo abuso, alimentato da costose apparecchiature, può incrementare la concentrazione di emoglobina dal 1% al 5%, offrendo un vantaggio competitivo sotto sforzo prolungato.
Gli effetti collaterali dell'inalazione di monossido di carbonio possono includere mal di testa, nausea, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, perdita di coscienza.
Il tema è tornato alla ribalta durante l'ultimo Tour de France, quando è emerso che diverse squadre, tra cui l’UAE Team di Tadej Pogacar e la Jumbo-Visma di Jonas Vingegaard, avevano fatto uso di questa tecnica controversa. Vingegaard stesso ha richiesto l'intervento immediato della WADA, evidenziando preoccupazioni su un possibile abuso da parte di alcune squadre.
La WADA ha il compito cruciale di affrontare questa problematica e garantire che le pratiche sportive siano sicure e rispettose dell'integrità atletica. La salute degli atleti deve essere la priorità assoluta, e ogni forma di doping, sia essa ufficialmente riconosciuta o meno, rappresenta una minaccia non solo per gli individui coinvolti, ma per l'intero ecosistema sportivo. È fondamentale che la WADA agisca prontamente per prevenire l'uso di tecniche potenzialmente dannose e promuovere un ambiente sportivo equo e sano.
La questione è complessa e richiede una riflessione approfondita. La WADA è chiamata a guidare questa discussione e a garantire che gli atleti possano competere in un contesto in cui la salute, la sicurezza e l'integrità siano sempre al primo posto.
