Deve succedere ancora una volta, perché “The Rocky Horror Picture Show” compie 50 anni. È forse l’unico film che trasforma le proiezioni in uno spettacolo non solo sullo schermo, ma anche in sala. I tanti fan usano vestirsi come i personaggi – basta un dettaglio: calze a rete, papillon lamé, boa di struzzo – recitare in coro le battute dei personaggi e ballare ripetendo le scenografie del musical. Volendo provare o solo guardare, l’appuntamento è da lunedì 27 a mercoledì 29 ottobre 2025, ore 21.30, al cinema Odeon (corso Buenos Aires 83, Genova, tel, 010 36282908), dove “The Rocky Horror Picture Show”, vietato ai minori di 14 anni, arriva in versione originale inglese con i sottotitoli italiani e nel nuovo restauro in 4K, grazie alla distribuzione della Cineteca di Bologna. Ad esaurimento, saranno consegnati agli spettatori tatuaggi idrosolubili dedicati al cinquantenario.
“The Rocky Horror Picture Show” di Jim Sharman ha generato un culto senza tempo.
Interpretato da Tim Curry, Susan Sarandon e Barry Bostwick fra i protagonisti, è in distribuzione ininterrottamente dal 1975, la permanenza più lunga nella storia del cinema. Ma la sua storia inizia a teatro. All’inizio degli anni Settanta Richard O’Brien, reduce da un laboratorio di recitazione a Londra, scrive di getto il copione e le canzoni, propone il progetto a Jim Sharman – già regista teatrale di “Jesus Christ Superstar” – e il 16 giugno 1973 al Royal Court Theatre va in scena la prima rappresentazione di uno spettacolo che diventerà mito: un musical all’interno del quale una giovane coppia si ritrova dentro un castello spettrale dove Frank-N-Furter e tutti i suoi ospiti intonano canzoni rock e invitano alla liberazione di ogni vincolo sociale e all’accettazione totale del desiderio.
Frank-N-Furter è l’emblema di questo sentimento: un uomo vestito da donna, con calze a rete, tacchi e corsetto. È l’invito al superamento del binarismo di genere e alla più libera espressione della sessualità, in ogni sua forma. Lo show ha un immediato successo e inizia una serie infinita di repliche. Si sposta negli Stati Uniti e nasce l’idea di farne un film. Mick Jagger, Lou Reed e David Bowie si dicono interessati a diventarne interpreti, ma la grandezza del “Rocky Horror Show” sta nel non aver mai tradito quel gruppo irripetibile che ha creato il progetto. Tim Curry, Richard O’Brien, Brian Thompson come scenografo, Sue Blane come costumista e Sharman dietro la macchina da presa; si aggiungono solo Barry Bostwick e una giovane Susan Sarandon nei panni dei due giovani che si ritrovano catapultati dentro il microcosmo del castello. Un’aggiunta perfettamente funzionale poiché amplifica la sensazione di stupore e iniziale straniamento dei due giovani attori dentro un universo pulsionale, eccessivo, rumoroso, libero.
In un primo momento “The Rocky Horror Picture Show” versione film sembra un flop, poi la pellicola rinasce grazie alle proiezioni notturne, che diventano uno spazio libero dove si canta e si balla, cento minuti per divertirsi e/o travestirsi.
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