Romeo Giulietta - Ama e Cambia il Mondo. Il Tour 2015 in Italia. Tappa milanese per l’acclamato musical del francese Gérard Presgurvic che resterà in città fino a domenica 29 marzo al Linear4ciak. La Pop-Rock-Opera che debuttò nell’ormai lontano 2001 al Palais des Congrès di Parigi con il titolo “Romeo et Juliette, de l’haine à l’amour” (dall’odio all’amore), ha recentemente salutato il pubblico dell’Ariston il giorno di San Valentino nella serata conclusiva del Festival e aveva già fatto parlare di sé in Italia per i suoi primati raggiunti: oltre 500.000 spettatori e 210 repliche nel nostro paese, un cast di oltre 45 artisti tra attori, cantanti e danzatori, 23 cambi di scena, 270 costumi e numerosi paesi dove il dramma è già stato rappresentato, tra cui Francia, Inghilterra, Spagna, Romania, Belgio, Paesi Bassi, Russia, Austria, Ungheria, Corea e Giappone. Questi dunque i numeri di un’imponente macchina da spettacolo che reclama a voce grossa il titolo di più importante blockbuster musicale europeo degli ultimi anni, rivendicando come oggi si conviene ulteriori record su Facebook, Twitter e Youtube. Il tentativo è quello di ripetere e superare il successo internazionale del “Notre-Dame de Paris” di Riccardo Cocciante (autore anche di un altro “Romeo e Giulietta” del 2007 da non confondere con questo) che ebbe un percorso analogo, con quattro milioni di spettatori in tutto il mondo di cui due stimati solo in Italia. E’ più corretto parlare di “opere popolari”, figlie della nuova generazione, al posto del generico termine “musical”; opere centrate su grandi romanzi e classici del passato (“Promessi Sposi”, “Tosca – Amore disperato”) che puntano tutto sull’innovazione del linguaggio scenico e su una musicalità semplice, corale di sicuro impatto emotivo. A dirla tutta questa volta l’impressione complessiva è di assistere a un “Romeo e Giulietta” a tinte dark, uscito forse dal Cirque du Soleil, dove l’occhio si lascia catturare dalla frenesia dei continui movimenti coreografici che incorniciano le canzoni musicalmente legate a due registri di base: uno più aggressivo e rockettaro e l’altro malinconico-lamentevole, senza lasciare molto spazio a vie di mezzo. Le canzoni dalle rime ‘baciate’ a volte disarmanti (“Io tremo e temo”, “…si compia il sogno in fretta di Romeo e Giulietta”) duettano curiosamente con alcuni dialoghi shakespeariani superstiti del testo originale. Dal punto di vista drammatico l’azione si svolge in una Verona tetra e labirintica, solcata dai monatti, resa viva da una scenografia complessa e spettacolare disegnata con l’aiuto di proiezioni 3d sincronizzate al millimetro. In questo caleidoscopio infernale, governato da un Principe luciferino, ruolo sostenuto efficacemente dall’attore Leonardo di Minno, ex-allievo di “Amici di Maria de Filippi”, si combatte l’eterno duello tra giustizia e pietà, rancore e perdono, odio e amore. E’ qui che l’allegro trio Benvolio-Romeo-Mercuzio della stirpe dei Capuleti trascorre la sua gioventù nella ricerca spasmodica e innocente del piacere (“I re del mondo”), ma la perdita di questo stato di grazia è appena dietro l’angolo e coinciderà proprio con la scoperta del grande Amore. E’ interessante notare come in questa versione della tragedia non ci si limiti a evidenziare l’affetto disperato di Mercuzio che tenta invano di sottrarre Romeo al suo destino, ma venga anche caratterizzato maggiormente il personaggio di Tebaldo Montecchi come vittima di sé stesso, costretto ad agire in una spirale di vendetta, all’ombra del suo sentimento nascosto per Giulietta e di un’infanzia violata (“Non ho colpa”). Il vero antagonista dell’amore di Romeo e del suo bisogno d’amore sembra infatti avvicinarsi di più a quel principe ambiguo e lascivo, simbolo del potere corrotto: “La pietà è assassinio quando perdona gli assassini” è una sentenza che si contrappone direttamente al “Chi giudica non può aver amato mai” pronunciato da Romeo durante l’ultima, concitata notte in compagnia di Giulietta. I due protagonisti Davide Merlini e la televisiva Giulia Luzi (“I Cesaroni”) tratteggiano con dolcezza quasi infantile della loro giovane età la purezza dei due amanti, seguendo nell’aspetto una certa classicità cinematografica, non priva di alcuni rimandi espliciti ai costumi e al look del film di Franco Zeffirelli del 1968. Tra i comprimari la nutrice interpretata da Silvia Querci con la sua presenza scenica e una voce dotata di venature soul e blues merita certamente una menzione particolare. Senza alcun dubbio però ciò che ricorderete di questa messa in scena sontuosa saranno i grandi effetti che la migliore tecnologia di oggi e la computer grafica mettono a disposizione, le invenzioni visive, l’incessante mutamento dello spazio scenico che viene di volta in volta frazionato, diviso, frantumato e riassemblato nell’attimo di un“soffio” per creare strade, piazze, fughe d’archi, palazzi, cattedrali di luce e romantici sepolcri senza soluzione di continuità. E’ così che un quadro può tramutarsi in un castello, una primavera degli animali può diventare un ballo in maschera vorticoso come una sfilata di haute-couture, e un velo funebre può trasformare i corpi in statue di pietra, per poi vederli riemergere dalle viscere della Terra. Il merito di tutto questo è in gran parte del regista Giuliano Peparini, che viene dal mondo della danza e creatore tra le altre cose anche della coreografia di “Le Reve”, spettacolo permanente proprio del mitico “Cirque du Soleil”. D’accordo... ma tutto questo che c’entra con Shakespeare, potrà obiettare qualcuno! In fondo basta soffermarsi a pensare al Globe Theatre, e agli effetti scenici del teatro elisabettiano con il suo continuo bisogno di stupire il pubblico, allo stesso Shakespeare e all’incredibile fantasia che si rigenera nelle sue opere, per capire che con ogni probabilità anche all’epoca del Bardo il successo sarebbe stato assicurato. Giovanni Riga