Salire sull'autobus a Milano, una mattina di tardo inverno, e vedere nitidamente ciò che, ormai da tanti anni, ti era scorso quotidianamente davanti agli occhi ma che non vedevi così nitidamente. La città è molto cambiata, profondamente cambiata, irrimediabilmente cambiata, fin dentro le sue viscere. Trovi al tuo fianco un ragazzo cinese, di fronte una donna araba e un indo-pakistano, poco più in là una signora sudamericana in compagnia di un vecchio e malmesso pensionato, unico italiano, di chiara origine meridionale . Questi sono i nuovi milanesi . Tu, da milanese ormai anziano che ha già vissuto la precedente immigrazione del secondo dopoguerra, con lo spirito che era tipico di queste parti, ti chiedi allora se la città riuscirà alla fine a trarre vantaggio da queste nuove presenze. Un vantaggio vero e duraturo e che vada oltre il gretto opportunismo contingente. Un arricchimento profondo, un rinnovamento culturale che la modernizzi.
I nuovi milanesi
Milano nel secondo dopo guerra è diventata meno asburgica e più mediterranea, meno ipocrita e più mafiosa o, meglio, ha mixato i due caratteri creando un cocktail davvero poco digeribile. Ora la città si ritrova a dover digerire anche questa nuova ondata di persone che provengono da ogni parte del mondo e non più solo dalla nostra penisola. Esse portano certamente con se il bisogno opportunistico di integrazione senza che però questo significhi dover rinunciare alle proprie culture. Queste ultime poi sono tra loro anche molto differenti e a volte opposte se non in aperto conflitto tra loro. Il collante fra i milanesi, sia di ieri che di oggi, è stato e sarà sempre soprattutto l’interesse economico e su questo valore/necessità si plasmerà anche il cittadino milanese dei prossimi decenni.
Anni '50 : milanesi che passeggiano e aspettano il tram in Piazza Castello Ora, come questa sintesi si piegherà, adattandosi, a ciascuna delle culture che interagiscono oggi nella città, è difficile dire. Come sarà il milanese del prossimo futuro? Sarà migliore o peggiore di quello attuale? Certo è che il tempo creerà situazioni miste, smusserà alcune punte comportamentali, ma se, come detto, sarà l’interesse economico a lavorare per fare questo e la mano dello scalpellino che lo plasmerà sarà quella che si diceva all’inizio cioè quella del neo-milanese ipocrita/mafioso, il futuro della città appare irrimediabilmente colorato di un grigio molto scuro come quello dei fumi che escono dai nostri comignoli condominiali, che tanto inquinano l'aria che respiriamo, ma dei quali non riusciamo a privarci.
La nuova Milano osservata dalle guglie del Duomo Vedo venire, sotterranei prima e palesi poi, scontri tra clan, lotte tribali, nuove camorre che, ovviamente, si affronteranno avendo come primo interesse la sopravvivenza e la supremazia economica e per ultimo quello della popolazione tutta e della città. Praticamente nessuno degli abitanti di Milano ha qui le sue radici profonde e quindi non percepisce come propria la terra che calpesta. Quasi nessuno in questa città sente come propri i palazzi che abita e questo anche se al catasto ne risulta come il legittimo proprietario. Abbiamo assistito passivamente all’abbandono progressivo dei valori etici, morali e religiosi, caratteristici del vivere milanese, sopravvissuto fino alla prima metà del novecento; la loro quasi totale rimozione dal vivere quotidiano in favore del pragmatismo di origine anglosassone ha generato attualmente una condizione di vita che si trascina apaticamente in attesa di un tempo altro dall'oggi che ci ostiniamo a chiamare futuro.
Milanesi, sotto la Madonnina, seduti sul tetto del Duomo In definitiva, in quella parte del mondo cosiddetto occidentale, questa è la vittoria completa e totale, che prima è stata militare ed economica ed ora è culturale, del protestantesimo sul cattolicesimo, del pragmatismo sull' ideologismo. Ed è proprio il concetto di futuro che è stato “rinnovato” o forse completamente rimosso. Il pragmatico qui e ora distrugge irrimediabilmente l'idea di un domani. Accelera il tempo fino a renderlo invisibile vanificando la speranza e distruggendo i sogni. Ma questi sono fenomeni forse irreversibili e di lunghissima portata e ai quali non riusciamo ad opporci. Dovremmo cercare di adattarci accompagnandoli. In una società multietnica e multi razziale, forse, per vivere e convivere senza scontri sociali basati sul preconcetto, sul pregiudizio e sull’ ignoranza e la conseguente incomprensione e mancanza di dialogo, bisognerebbe partire o ripartire da ciò che tutti accomuna, da ciò che ci unisce e non dal contrario. Quali sono queste cose, questi valori, queste necessità irrinunciabili che troviamo in uomini e donne di tutti i continenti, di tutte le razze e di tutte le religioni ?
I cuccioli del genere umano non danno peso alle differenze esteriori Sarà ovvio e banale ma per prima cosa i nostri corpi sono costituiti delle stesse sostanze, differiscono nelle forme esteriori ma la materia che li costituisce è la stessa; il tipo, la natura e il funzionamento degli organi interni sono gli stessi. Ci dividiamo in maschi e femmine ed ogni genere, ad ogni latitudine, presenta le stesse necessità, gli stessi bisogni, riproducendosi allo stesso modo e negli stessi tempi. Abbiamo necessità di alimentarci, raggrupparci, convivere, amarci e proteggerci nello stesso identico modo. I nostri corpi infine si ammalano, si feriscono, muoiono e si decompongono per le stesse cause e negli stessi tempi e modi. In sintesi siamo tutti esseri viventi dello stesso genere ma di specie differenti. Queste basilari constatazioni vengono però immancabilmente dimenticate quando si deve trovare una soluzione ad una convivenza forzata ma pacifica. Infatti, per paura e meschina vigliaccheria, si privilegiano e quindi, in qualche misura, si esaltano le differenze storiche e culturali sedimentate, incrostate, applicate su quelle basi animali che sono invece identiche. Si vede allora solo la sembianza apparente degli uomini: il diverso colore della pelle, le diverse abitudini e attitudini, il diverso credo religioso, i diversi riti collettivi, i diversi valori culturali. Queste sbandierate differenze, sono coltivate e alimentate ad arte da coloro i quali non desiderano una convivenza pacifica, ma ricercano uno continuo e aspro scontro tra poveri che alimenti la loro sete di potere.
Serem in quater o cinq, col Padola, el Rodolfo, el Gaina e poeu mi e anca el me fradel... I milanesi di altri tempi, ai quali mi sento ancora di appartenere, però non erano così e lo sapevano bene Giorgio Strehler e Fiorenzo Carpi (due grandi milanesi ai quali ho fatto il verso nella didascalia di questa ultima foto) autori di
"Ma mi" , inno alla milanesità . L' animo nostro era ed è più nobile, più accogliente, più aperto al confronto e al conseguente arricchimento reciproco, che non è mai solo economico ; il mio auspicio è quindi quello che questo spirito venga orgogliosamente ritrovato , riseminato , coltivato e condiviso. Forse allora potremo ancora ascoltare le strofe (quasi certamente riarrangiate) della famosa
canzone di Giovanni D'Anzi ,ma in particolare l'ultima che recita così : O mia bela Madunina O mia bella Madonnina che te brilet de luntan, che brilli da lontano, tuta dora e piscinina tutta d'oro e piccolina ti te dominet Milan. tu domini Milano. Si, vegnii senza paura, Se venite senza paura num ve slungaremm la man. noi vi offriremo la mano. Tut el mund a l'è paes, a semm d'accord, Siamo d'accordo che tutto il mondo é paese, ma Milan l'è un gran Milan! ma Milano è una grande Milano !