Epifania, una festa a cui sono sempre stato molto affezionato, sin da piccolissimo quando, con un occhio aperto e l'orecchio teso a captare ogni piccolo rumore, cercavo di rimanere sveglio per cercare di capire quando arrivava questa simpaticissima vecchina a deporre i dolci nelle calze che avevo precedentemente appese vicino al camino. Era una festa, un evento sicuramente più popolare, si attendeva di più la Befana che Babbo Natale, almeno a quei tempi ! Normalmente l'Epifania si trascorreva nella casa dei nonni, a Multedo di Pegli (Ge) dove c'era una grande stufa antica di quelle con i cerchi al centro, usata una volta per molteplici usi, sia per cuocere che per riscaldare. Se chiudo gli occhi posso ancora sentire il profumo delle scorze di mandarino e di arancio messe a bruciare sulla stufa, così come il profumo dello zucchero messo ad abbrustolire. Momenti magici, momenti di bimbo indimenticabili. Alla vigilia, ma anche il giorno dell'Epifania, c'era la zia Tina che recitava a memoria una poesia che aveva il coraggio di incantarmi e che iniziava cosi: " A nanna bimbi, è l'ora, in giro questa notte c'è una vecchia signora che porta tanti doni ai bimbi belli e buoni......" Quello era il momento della filastrocca che mi faceva addormentare per poi risvegliarmi la mattina dell'Epifania e trovare le calze stracolme di dolciumi, del carbone dolce, delle scarpe di cioccolata, non mancavano i confetti dolci e coloratissimi di Natale, mini-torroni e le monete di cioccolata fasciate in stagnola dorata o argentata. E poi giochi ed altri ninnoli. Ricordi indelebili nella mia mente, finchè il Governo Andreotti, con una stupidissima legge, decise di abolire la festa dell' Epifania. Questo lo scrivo a beneficio dei più giovani che leggono e che, sicuramente, non conoscono tutta la storia dell'Epifania. Con la legge del 5 marzo 1977, n. 54, cessarono di essere considerate festive in Italia, agli effetti civili, oltre al giorno dell'Epifania: il giorno di San Giuseppe (19 marzo), il giorno dell'Ascensione (40 gg. dopo la Pasqua), il giorno del Corpus Domini (il primo giovedì successivo alla domenica di Pentecoste), il giorno dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno) e furono spostate rispettivamente alla prima domenica di giugno ed alla prima di novembre le celebrazioni della Festa della Repubblica (giorno 2 giugno) e dell'Unità Nazionale ,ex Festa della Vittoria della prima guerra mondiale, 4 novembre. Dopo polemiche infinite tra favorevoli e contrari, vinsero quelli che volevano il ritorno dell'Epifania e così otto anni dopo, con il D.P.R. 792/1985, veniva ripristinata, sempre agli effetti civili, la festività dell'Epifania. Inutile dire che dal 1978 al 1985 io continuai, nonostante avessi già passato i 10 anni, ad appendere calze e quant'altro alla cappa della cucina in attesa dei regali della Befana. Eccomi piccolino davanti al Presepe del Nonno Ercole il giorno dell'EpifaniaMa oltre ai miei ricordi personali voglio analizzare, grazie ad intenet, la storia dell'Epifania e della Befana. Una storia, quella della nascita della Befana, che pone le sue radici all’interno di una tradizione culturale di matrice pagana, di superstizioni e aneddoti magici. Il periodo natalizio si pone in un momento dell’anno che storicamente era ricco di rituali e usanze legati alla terra, all’inizio del nuovo raccolto e all’idea di propiziarsi fortuna e prosperità nell’anno nuovo. Già gli antichi Romani celebravano l'inizio d'anno con feste in onore al dio Giano e alla dea Strenia ,da cui la definizione strenna natalizia. Queste feste erano chiamate le Sigillaria; ci si scambiava auguri e doni in forma di statuette d'argilla o di bronzo e perfino d'oro e d'argento. Queste statuette erano dette "sigilla", dal latino "sigillum", diminutivo di "signum", statua. Le Sigillaria erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla , di solito di pasta dolce, in forma di bamboline e animaletti. La Befana è un personaggio che ha colto suggestioni da diversissime leggende e trasposizioni culturali. Inizialmente, e si parla ancora del periodo romano politeista, la popolazione venerava Diana, la dea della caccia e della fecondità che nelle notti che precedevano l’inizio della nuova semina si diceva passasse, con un gruppo nutrito di donne, sopra i campi, proprio per renderli fertili e fecondi al nuovo raccolto. L'enciclopedia Treccani ne dà la seguente definizione: è per il popolo un mitico personaggio in forma di orribile vecchia, che passa sulla terra dall'1 al 6 gennaio. Nell'ultima notte della sua dimora il mondo è pieno di prodigi: gli alberi si coprono di frutti, gli animali parlano, le acque dei fiumi e delle fonti si tramutano in oro. I bambini attendono regali; le fanciulle traggono al focolare gli oroscopi sulle future nozze, ponendo foglie di ulivo sulla cenere calda; ragazzi e adulti, in comitiva, vanno per il villaggio cantando...in alcuni luoghi si prepara con cenci e stoppa un fantoccio e lo si espone alle finestre... I contadini della Romagna toscana sogliono invece portarlo in giro sopra un carretto, con urli e fischi, fino alla piazzetta del villaggio, ove accendono i falò destinati a bruciare la Befana... Gli studiosi vedono nel bruciamento del fantoccio (la Vecchia, la Befana, la Strega), che persiste un po’ dappertutto in Europa, la sopravvivenza periodica degli spiriti malefici, facendo risalire il mito della befana a tradizioni magiche precristiane...
Col passare dei secoli la deriva pagana diede spazio alle interpretazioni cristiane; siamo ovviamente in un medioevo fatto di persecuzioni alle streghe e di forte fervore religioso. Ed è qui che avviene un primo incontro di culture, la bella Diana diviene una brutta donna e i riti dei falò (si bruciava il vecchio per dare spazio al nuovo) divengono dei veri e propri roghi della vecchia, dove una simbolica attempata strega viene posta al di sopra di questi roghi. Le contaminazioni pagane e cristiane generano quindi una figura di donna che è un misto di entrambe le culture, da una parte vive la buona Diana e dall’altra la cattiva strega che deve essere bruciata. Questo rito propiziatorio, a cui ancora oggi possiamo assistere, è stato poi abbracciato dalla chiesa ed è qui che nasce la leggenda bella Befana. Si dice che i Re Magi (clicca qui per la storia) in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore. La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un cestino di dolci e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù. Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò dolci ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza. Con la mediazione del cristianesimo la Befana diviene quindi una specie di strega, vestita di stracci, brutta e che vola sopra i tetti con una scopa, ed ha quindi un lato perfido che la rende un personaggio estremamente affascinante. Se infatti molti altri benefattori come Babbo Natale o San Nicola portano doni a tutti, la Befana porta dei regali modesti e tanto carbone a chi non è stato buono.
Epifania. I re Magi
L’etimologia del nome Befana, è strettamente legato al nome della festa, è una derivazione infatti delle forme dialettali con cui il popolo esprimeva il termine “Epifania”. Il dualismo affascinante che sta sotto alla figura di questa vecchia è forse il motivo per cui non è mai diventata un vero e proprio oggetto commerciale, fatta esclusione per gli ultimi anni. Se San Nicola è un santo protettore, e Babbo Natale un paffuto rubicondo nonnino che accontenta tutti i bambini, la Befana è invece la sostanza femminile pagana di una lunga tradizione rituale contadina. Non porta soldi, e non ha neppure un gruppo di elfi artigiani per fare regali, la Befana tradizionale porta arance, noci, piccoli dolci casalinghi e carbone, ultimamente zuccherato ma comunque carbone, e ci ricorda che dopo le feste si torna a lavorare a “sgobbare” per i frutti del terreno. Non è un caso l’usanza di dire “l’epifania tutte le feste porta via”. Perché è proprio dopo il sei Gennaio che il contadino ricominciava con la nuova semina, che si riprendevano i fervori casalinghi per dar vita ad un nuovo, e si sperava, prosperoso raccolto. 
