Oggi ho partecipato alla conferenza stampa dello spettacolo “Due” che debutterà l’8 febbraio al Teatro Manzoni di Milano. La commedia, scritta da Luca Miniero, racconta di una giovane coppia composta da Paola, interpretata da Chiara Francini e Marco, interpretato da Raoul Bova. La scena è una stanza vuota. L'occasione è l'inizio della convivenza dei due; Marco è alle prese con il montaggio di un letto matrimoniale, Paola lo interroga sul loro futuro di coppia. Chiara Francini descrive il suo personaggio come la tipica “donna italiana” che nell’immaginario collettivo, è donna per eccellenza, amica e madre, ma anche moderna, sincera nei confronti di se stessa e del partner. Così quando inizia a interrogare Marco sul loro futuro di coppia vengono a galla le insicurezze, le paure e le fragilità della donna, ma anche le diverse visioni di vita dei due. Entrambi i giovani evocheranno facce e personaggi del loro futuro come ipotetici amanti o figli che saranno rappresentati nella scena da sagome in plexiglass. Alla fine il palco sarà popolato da tutte queste sagome che rappresentano le incertezze e le paure per la vita futura e i due personaggi saranno angosciati da questi fantasmi.
Oggi, più di ieri, siamo angosciati dalle incertezze, dal futuro, dal non potere programmare e prevedere gli eventi, abbiamo talmente tanta angoscia che sprechiamo il nostro presente tentando di programmare il nostro futuro. Tutto questo non solo nella vita lavorativa ma anche e forse sopratutto nella vita di coppia. Abbiamo un forte bisogno di stabilità perché siamo sempre più affaticati, stressati, asciugati dalla vita pubblica, così addossiamo alla vita privata e soprattutto a quella sentimentale il ruolo di "valvola di sfogo", spazio puro ed incontaminato dove trovare rifugio e stabilità. Contemporaneamente come sostiene Raoul Bova, “le persone vogliono le regole”, pretendono di programmare il futuro basandosi su previsioni fondate su generalizzioni che vengono proposte nei giornali, perché così si sentono più sicure, cercando di regolare ciò che non può essere regolato. Così fa Paola che, basandosi sulle statistiche, cerca di trovare tranquillità ma ovviamente non la trova. Poi Raoul prosegue dicendo che gli individui, ad un certo punto, “rompono gli schemi per essere davvero loro stessI”. Raoul sostiene che “la persona che hai di fronte non è un’idea, ma un essere umano con le sue particolarità e caratteristiche esclusive”. Quindi l’attore invita le persone a vivere il presente del loro sentimento, a cogliere gli individui per la loro essenza e autenticità, a non avere paura del futuro. Le cose cambiano, gli amori finiscono, ma questa è la vita, l’importante è vivere davvero, respirando ogni particella di ossigeno dei rapporti umani che instauriamo, senza perderci in programmi inutili e che disumanizzano la nostra esperienza di vita, perché cercano di imprigionarci in stereotipi che non ci appartengono. Raoul Bova attraverso le sue parole, ci comunica il significato sociale che possiede questa rappresentazione, quello di farci riflettere sulle difficoltà dei rapporti di coppia nell’era della libertà sessuale e della globalizzazione. A chiare lettere l’attore dichiara: “Quello che ho capito facendo questo spettacolo (...) è che sposarsi è una cosa da fare poi, successivamente, ma se uno è strutturato solidamente dentro di sé come uomo, ma le incertezze se le deve cercare di risolvere da solo, non chiedendo alla donna di risolverle, e così lei non deve chiedere all’uomo di farlo. Poi insieme si possono affrontare i problemi di coppia, ma ci vuole una struttura solida, formata da "uno" più "uno", non "mezzo" più "mezzo", ecco che due diventa il numero perfetto”. Questo è il nucleo del messaggio di Bova, “due" come numero perfetto, perché una persona è davvero a trecento sessanta gradi pronta per “il grande passo”, soltanto se è risolta, se è maturata, se ha trovato un profondo e radicato equilibrio interiore. A quel punto insieme all’altra persona che ha raggiunto lo stesso equilibrio, è possibile creare qualcosa che ha l’aspirazione di durare per l’eternità. Ecco ciò che è bello di questo spettacolo, che per entrambi gli attori, fare teatro non è stato solo un momento per dare corpo alla loro passione, ma un processo di crescita personale. Attraverso la mediazione del loro talento, la rappresentazione stimola la riflessione e la maturazione a tutti quelli che lo andranno a vedere.
