“Minchia signor Tenente” è una pièce ormai di risaputo successo, scritta dal talentuoso Antonio Grosso che non solo è autore dello spettacolo ma interpreta anche il ruolo di agente della caserma protagonista della storia raccontata sul palco scenico. Questo spettacolo è una critica sociale rivolta all’Italia che non funziona a causa dell’esistenza della mafia che uccide esseri umani per mantenere un ruolo di potere nel paese. Questa rappresentazione è un elogio all’Italia che funziona, composta di donne e uomini che - dotati di un forte senso della giustizia – si impegnano affinché il bene possa trionfare. Questo testo teatrale ci ricorda che esistono individui che credono ancora nelle istituzioni e che vedono in queste ultime l’unico punto fermo in grado di aiutarle. Questa opera ci insegna che esistono esseri umani che dedicano la loro vita al bene comune e la loro morte ci indica come la loro esistenza sia stata così minacciosa per la vita dei cattivi da non poter essere tollerata e quindi stroncata.
Natale Russo interpreta i panni di un vecchio signore di nome “Pererella” che ha il vizio di denunciare furti inesistenti. Ariele Vincenti interpreta la parte dell’agente Moroni fidanzato con Sara – interpretata da Federica Carruba Toscano. I due hanno una “love story” tenuta nascosta – dato che il regolamento della caserma vieterebbe storie sentimentali tra agenti e paesani – con l’ausilio di tutti i colleghi carabinieri agli occhi del maresciallo Antonio (Antonello Pascale) e a quelli del tenente Prisco (Francesco Nannarelli). Quest’ultimo ordinerà agli agenti Moroni e Merilli di scortare un magistrato e in seguito verranno uccisi da parte delle cosche mafiose mentre prestavano il servizio di scorta. Di grande impatto il finale in cui sono state proiettate una moltitudine di foto di magistrati e agenti morti ammazzati dalla mafia; le immagini prendono avvio da Peppino Impastato e finiscono con Giovanni Falcone.
Antonio Grosso è figlio d'un ex maresciallo dei carabinieri. “Minchia singor Tenente” è il titolo non solo di questo spettacolo ma ancora prima della famosa canzone di Giorgio Faletti - attore comico e scrittore di successo con più di quattro milioni di copie vendute con il romanzo d'esordio Io uccido - arrivata al 2º posto della classifica finale del Festival di Sanremo 1994 vincendo il Premio della Critica. Sia la canzone ma anche questo spettacolo cercano di valorizzare il ruolo sociale dell’arma dei carabinieri. Si cerca di fare comprendere non solo l’importante ruolo che questa istituzione ha nella lotta contro la criminalità organizzata ma anche quello che svolge nelle vite intime delle persone - sopra tutto anziane. Queste ultime infatti hanno bisogno di rassicurazione e quindi anche di esseri umani capaci di comprenderle. Le persone spesso vedono negli agenti dell’arma dei carabinieri gli individui al quale potersi rivolgere!
Ottimi i costumi di Maria Marinaro che ha saputo riprodurre indumenti esattamente uguali a quelli utilizzati dallo stato. Buona la regia di Nicola Pistoia che ha reso lo spettacolo equilibrato e scorrevole.
Chiudo ricordando le saggie parole cantante da Giorgio Faletti che probabilmente hanno ispirato Grasso nello scrivere questa prosa e che dovrebbero spingere noi alla riflessione...
“Minchia signor tenente E siamo qui con queste divise Che tante volte ci vanno strette Specie da quando sono derise Da un umorismo di barzellette E siamo stanchi di sopportare Quel che succede in questo paese Dove ci tocca farci ammazzare Per poco più di un milione al mese”
