Come già vi ho scritto nell'altro mio pezzo è stata una giornata davvero emozionante e particolare per me, questa della vigilia del 79° Giro dell'Appennino.
Lascio la parola a Giulia Scala Marchiano, giovanissima e talentuosa scrittrice di ciclismo, ideatrice ed autrice del sito LA FAVOLA DEL CICLISMO
Giulia, come me, è nata in Valpolcevera, terra di ciclismo, ma soprattutto terra e strade del Giro dell'Appennino.
“Inizio corsa ciclistica”. Tre semplici parole scritte su un pannello attaccato su tetto di una macchina. Sono ormai passati molti anni dal mio primo “Inizio corsa ciclistica” e la prima volta che lo vidi, era sulle strade del Passo della Bocchetta. La prima volta quindi, quella che non si scorda mai, dicevano. E senza usare retoriche inutili, posso dire che è proprio così. Perché prima di quel giorno ormai lontano, di corse in bici qualcosa in tv avevo visto, ma non sapevo esistesse qualcuno così importante da poter segnare un confine tra ciò che è corsa e ciò che non lo è più. O non lo è ancora. Da quel momento, il passaggio di quella vettura, sempre diversa, con sopra quella frase sempre uguale, mi ha cambiato la vita. Il Giro dell'Appennino mi ha cambiato la vita.
E se dopo molto tempo il ciclismo riempie le mie pagine di vita quotidiana, lo devo a quel passaggio sulla Bocchetta. Al Giro dell'Appennino.
Chi lo segue, sa che ciclismo è sempre speciale, perché congiunge, tiene insieme, come un nastro colorato che lega persone diverse, forse per un momento, attaccate ad una transenna o lungo le rampe di una salita ad attendere la corsa; o chissà, forse per tutta la vita.
E il Giro dell'Appennino, quante volte l'ho aspettato a bordo strada. Quante le corse a Pontedecimo per riuscire a vedere l'arrivo. Quante ginocchia sbucciate a causa della mia proverbiale goffaggine che spesso mi ha fatto inciampare e cadere per terra. Eppure, tutto questo, è scritto sulla mia pelle, come una cicatrice profonda e bellissima, che non fa mai male quando cambia il tempo.
Il Giro dell'Appennino è la genuinità della domenica passata in famiglia, quella senza gradi di parentela. E' la purezza delle origini di un panino al prosciutto preparato la sera prima e messo dentro la borsa frigo per affrontare la giornata. Anche se poi, in preda all'adrenalina, il cibo nemmeno ti viene in mente.
Il Giro dell'Appennino è la casa che custodisce il cuore di una bambina ormai cresciuta e fin troppo grande per fare i capricci, ma che, quando passa per caso nei luoghi della corsa, si ferma, chiude gli occhi e guarda dentro la memoria, ripercorrendo ogni passo, ogni frame che il passato e l'emozione sanno far emergere come le dolci onde che bagnano la Liguria.
E domani, il Giro dell'Appennino compirà ufficialmente settantanove anni. Un nonno affettuoso, con tante storie da tirare fuori come assi nella manica, capace di stupire ad ogni curva, ad ogni centimetro di fatica. Ritornerà a Genova, nella sua culla, che non vedeva 'ora di riempirsi dei suoi colori più limpidi. Sarà l'ultimo di Damiano Cunego, che tanto lo ha amato che lo ha vinto due volte. Sarà splendido, perché è il Giro dell'Appennino.
E anche quell' “Inizio Corsa Ciclistica” sarà lì, pronto a ricordami che è dove tutto comincia, che poi bisogna ritornare se si è smarrita la strada.
Vogliate bene al Giro dell'Appennino, perché è il cuore di un ciclismo che strizza l'occhio alla nostalgia e che profuma di imprese.
Giulia Scala Marchiano.
